Si svolge nel Palazzo Carlotti di Garda, l'8, il 9 e dall'11 al 23 aprile, la mostra personale di pittura “I colori del tempo” dell’artista veronese Fernando Pietròpoli.
FERNANDO PIETROPOLI, OVVERO, LA FRUIZIONE DEI CONTRARI
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Parlare dell’arte di Pietròpoli significa entrare nel mistero insondabile dell’Idea dell’opera, nel lavoro tenace che sorregge creatività e creazione, nell’emozione, nella passione profonda che anima la sua vita artistica e privata. La sua pittura può essere letta come un viaggio che sfida le opache frontiere dell’irrealtà e della finzione. Per lui il mondo è uno specchio aperto alla fruizione dei contrari, un pozzo forgiato nella grammatica della materia. Proiettato verso il cosmo lungo le orbite della propria interiorità, Pietròpoli dilapida il colore ove arde la terra, ove si bagna l’infinito e il finito si annulla. In ogni granello di sabbia o ruga di resina sottostanti al colore vi è un mondo in cui vicinanza e lontananza, presenza e assenza, memoria e speranza l’una all’altra si sovrappongono. Situazione questa indispensabile affinché possa sprigionarsi l’archetipo personale, e perché istanze rimosse si affermino proclamando l’intera illogicità dei nessi consertati alla pellucida trasparenza del segno.
Dalle sue tele emerge tutto il costrutto umano: dai complessi simboli astratti di congiunzioni artificiali tra natura e figure antropocentriche, alle ardite geometrie che salgono verso l'alto, alle linee di orizzonte indistinte eppure pregne di arcane sussistenze. Ed è qui, talvolta, che l’artista si placa, per distendersi nella memoria di figure d’origine e nello sguardo allargato lungo acque, cieli e pianure riattinte come in un bisogno fisico di respiro vitale.
Ogni suo dipinto sembra nato tra l'attimo e l'eterno. I suoi lavori vengono percepiti come un prolungamento dell'esistenza, una sorta di grido che si incide sulla tela. Una pittura postmoderna, contemporaneissima, che pare muoversi tra la materia finita e una infinita, umana ferita, una ferita non preparata ad essere ristorata, né dal proprio passato né dal proprio destino.
dott. Maria Gabriella Morello
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